DISCORSO ALLA PNYX  

@ Adriano Ceschia



Qui Atene esprimeva la sua democrazia. Qui si raccoglieva la massime assemblea dello stato, l’Ecclesia, per decidere i suoi magistrati e votare le grandi linee della politica. Da questa tribuna parlarono Temistocle, Cimone, Efialte, Pericle, Alcibiade ... i grandi protagonisti della politica ateniese del V secolo. Qui si prese la decisione di resistere ai Persiani nel 480 e nel 490, qui si fecero le scelte che portarono Atene a costruire il suo impero del mare, qui si presero quelle che diedero inizio alla guerra del Peloponeso, alla tragica spedizione in Sicilia, che recarono la sconfitta. Qui Pericle impresse ad Atene per circa un trentennio la politica di egemonia militare e culturale, facendone la Scuola dell’Ellade. 

Partecipavano e votavano tutti i cittadini ateniesi. Nello schema costituzionale disegnato da Clistene ancora nel secolo precedente, nel 508, che istituiva il sistema democratico, Pericle agì per limitare ulteriormente e drasticamente i poteri residuali della classe aristocratica nelle istituzioni e favorire la partecipazione alla politica delle classi popolari di Atene e dei demi dell’Attica. Era una società basata sulla schiavitù e sulla segregazione delle donne nella vita privata all’interno delle famiglie dominate dagli uomini. Non avevano diritti politici nè gli schiavi, nè i forestieri, anche se greci, nè le donne di Atene. La democrazia ateniese fu solo l’inizio di un cammino di una società umana verso l’uguaglianza di tutti di fronte allo stato. Ma fu il primo modello di quel modo di organizzare la società umana nei rapporti con lo stato che, per quanti difetti e fragilità esso mostri, noi riteniamo sia il migliore di quelli mai attuati nella storia dell’umanità.

La vita dei singoli uomini e delle società in cui sono immersi è un fluire continuo. E’ immersa nel caos delle continue decisioni casuali, grandi e piccole. Da questo chaos emerge alla luce il sistema che organizza la vita collettiva, dentro il quale si dispongono le decisioni che rigardano tutti. Come dal continuo degli ambienti naturali della Grecia immersi nella solarità accecante sorsero i templi, belli nella loro semplice schematicità, e sorse il Partenone, nello schema dalla giusta e perfetta armonia, così nella società ateniese sorse lo schema costituzionale delle relazioni democratiche, per realizzare l’armonia tra le classi, e portarle fuori dal caos degli interessi individuali in conflitto. Il disegno democratico di Pericle ed il disegno di un tempio sull’Acropoli che fosse l’espressione più alta dell’armonia visibile, nel quale si identificasse la religiosità civica dell’intera città, erano generati dalla stessa profonda anima ellenica.

La democrazia ha bisogno della partecipazione e la partecipazione si attua se si verifica una compatibilità tra gli interessi individuali dei cittadini e quelli collettivi. La democrazia intesa come una semplice somma di interessi individuali in concorrenza tra di loro è precaria, fragile. Pericle lo aveva compreso e per questo si adoperò per formare una cultura collettiva della sua polis, per trasferire parte delle energie volte all’egemonia militare e commerciale che erano convogliate nella Lega di Delos sorta per contenere la minaccia persiana ancora incombente dopo Maratona, Salamina e Platea, energie che erano cresciute a dismisura dopo le esaltanti vittorie sui Persiani invasori, in una impresa incredibilmente sublime: fare di Atene la Scuola dell’Ellade, la guida culturale e spirituale di tutta la grecità. 

Qui, in questo luogo dove forse fu pronunciato quasi 2500 anni fa, nel 461 a.C., pronunciamo anche noi quel famoso discorso di Pericle riportato dallo storico Tucidide che resta una delle più lucide espressioni di ogni programma umanistico, che qui, in questa città, trova la sua culla a le sue radici.


DISCORSO DI PERICLE  461 A.C.



Qui ad Atene noi facciamo così.

 

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

 

Qui ad Atene noi facciamo così.

 

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

 

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

 

Qui ad Atene noi facciamo così.

 

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.

 

Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

 

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

 

Qui ad Atene noi facciamo così.

 

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

 

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

 

Qui ad Atene noi facciamo così.

 

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

 

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.

 

Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

 

Insomma, io proclamo che Atene è la Scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

 

Qui ad Atene noi facciamo così.