Voci alle Termopili, 20 marzo 2010

 (@ Adriano Ceschia) 



Su questo colle di Kolonos, ai nostri piedi, dove si svolse l’ultima resistenza dei 300 Spartani ormai circondati dai Persiani respinti per tre giorni di seguito, sono state scritte le poche parole che potete leggere

 

Straniero, porta agli Spartani la notizia che qui

 ξεν', γγέλλειν Λακεδαιμονίοις τι τδε


noi giacciamo al loro comando obbedendo 

 κείμεθα τος κείνων ήμασι πειθόμενοι

 

 

Le parole sono la preghiera di 300 Lacedemoni che decisero di erigere il muro dell’eroismo ellenico contro gli invasori, perché dopo di loro altri Greci resistessero ai nemici in altre battaglie, fino alla liberazione. Quelle parole ora sono come queste pietre, questi alberi e questo vento delle Termopili, i suoi elementi, trasfigurati per sempre dalla storia e dalla memoria di quanto avvenne il 19 agosto del 480 a.C.“I Greci, sapendo che sarebbero morti per mano di quanti avevano aggirato la montagna, mostravano ai barbari tutta la propria forza, con disprezzo della propria vita, con rabbioso furore. [...]


Alla maggior parte di loro, intanto, s'erano ormai spezzate le lance, ma massacravano i Persiani a colpi di spada. E Leonida, dopo essersi comportato da valoroso, cadde in questo combattimento, e con lui altri Spartani famosi, dei quali io chiesi i nomi, trattandosi di uomini degni di essere ricordati; e chiesi anche i nomi di tutti i trecento. [...]. Colà caddero dunque combattendo due fratelli di Serse. Sopra il cadavere di Leonida si accese una mischia furibonda di Persiani e Spartani, finché grazie al loro eroismo, i Greci lo strapparono ai nemici respingendoli per quattro volte. Questo durò fino all'arrivo degli uomini di Efialte. Dal momento in cui i Greci seppero del loro arrivo la battaglia mutò ormai aspetto: i Greci riguadagnarono di corsa la strettoia della strada, superarono il muro e andarono a prendere posizione sulla collina, tutti quanti assieme tranne i Tebani. La collina si trova all'ingresso del passo, dove oggi si erge in onore di Leonida il leone di marmo. Lassù si difendevano colle spade (chi ancora le aveva), con le mani, coi denti; i barbari li tempestavano di colpi, di fronte quelli che li avevano seguiti e avevano abbattuto il baluardo del muro, intorno da tutte le parti gli altri che li avevano aggirati”. Così racconta Erodoto di come ebbe fine la grande battaglia. Gli Spartani e gli alleati avevano ributtato indietro gli assalti persiano per tre giorni, infliggendo loro perdite sproporzionate, ma un traditore greco di nome Efialte indicò agli uomini di Serse un sentiero che risaliva la montagna e ridiscendeva alle spalle dei Greci. Quando Leonida si accorse di essere aggirato, congedò tutti gli alleati e decise di rimanere solo lui con i 300 opliti, ma si rifiutarono di andarsene e vollero combattere fino alla fine anche 700 opliti di Tespi, ed all’ultima offerta di resa e di deposizione delle armi da parte degli inviati di Serse rispose da spartano: “Venite a prendervele”.



Ora spingete lo sguardo verso il passato e immaginate questo stesso posto e questo stesso paesaggio come doveva essere allora, una strettoia fra la montagna alla vostra destra ed il mare, che era così vicino che vi poteva passare solo una strada, per un solo carro alla volta. La piana che vede alla vostra sinistra era colmata dalle acque dell’Egeo, che i secoli hanno ritirato fin laggiù dove lo scorgete ora. Dalle falde di quei monti sgorgavano le acque calde che diedero il nome a questa terra angusta, le Termopili. I Focesi, i greci abitanti di queste terre, avevano eretto proprio qui, molto tempo prima dell’invasione persiana, un muro di sbarramento tra il mare e la montagna per impedire le incursioni dei tessali. Ma ora che Serse aveva deciso l’invasione della Grecia da settentrione con un esercito sterminato che aveva attraversato l’Ellesponto ed una flotta che lo seguiva dal mare, quel muro divenne il punto strategico delle resistenza deciso da Leonida, mandato da Sparta con 300 spartiati a fermare la sua marcia, a capo di qualche migliaia di alleati.


Immaginate là, alle vostre spalle, questo esercito di qualche centinaio di migliaia di soldati, e qui, dove siamo noi, i Greci che li vogliono fermare, fiduciosi del vantaggio che il terreno offre a chi oppone resistenza, e fiduciosi della superiorità militare degli uomini di Sparta, educati alla guerra, al combattimento, ed alla morte fin da quando erano fanciulli. Quegli uomini che per bocca di Leonida dissero di avvertire Sparta che essi sarebbero morti per obbedire al suoi ordini; essi forse sapevano di morire per la loro città e per tutta la Grecia, perché il loro sacrificio le salvasse, ma non sapevano quello che sappiamo noi ora. Essi consentirono la vittoria degli Ateniesi a Salamina, e la messa in atto della strategia di Temistocle che evacuò la popolazione attica nell’isola. Avevano ritardato l’avanzata del Persiano regalando tempo prezioso agli Ateniesi. La battaglia delle Termopili fu fra quelle che determinano il corso della Storia. Anche se non fu la decisiva, essa la rese possibile. Quella vittoria fermò il sogno di Serse di fare della Grecia la provincia occidentale del suo impero. La Grecia libera ed Atene vittoriosa liberarono nel V° secolo quella civiltà del Logos che ha alimentato le radici dell’Occidente e di cui siamo figli. Se la Grecia fosse stata persiana non avrebbe potuto liberare la civiltà di Eschilo e di Sofocle, di Fidia e di Prassitele, di Socrate, di Platone e di Aristotele, e sarebbe stata differente da come la conosciamo. Noi stessi saremmo differenti.Quegli uomini valorosi di Sparta fecondarono col loro sangue la terra del Logos, l’alba dell’Occidente. Loro non lo sapevano. Noi lo sappiamo. Tutti noi dobbiamo ancora a questi morti di Sparta e di Tespi e al loro comandante Leonida di cui ci sono rimaste queste parole non solo il rispetto ma anche l’onore della memoria.

 

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 Θερμοπύλες      

Κωνσταντίνος Π. Καβάφης (1903)


Τιμή σ' εκείνους όπου στην ζωή των
όρισαν και φυλάγουν Θερμοπύλες.
Ποτέ από το χρέος μη κινούντες•
δίκαιοι κ' ίσιοι σ' όλες των τες πράξεις,
αλλά με λύπη κιόλας κ' ευσπλαχνία•
γενναίοι οσάκις είναι πλούσιοι, κι όταν
είναι πτωχοί, πάλ' εις μικρόν γενναίοι,
πάλι συντρέχοντες όσο μπορούνε•
πάντοτε την αλήθεια ομιλούντες,
πλην χωρίς μίσος για τους ψευδομένους.

Και περισσότερη τιμή τους πρέπει
όταν προβλέπουν (και πολλοί προβλέπουν)
πως ο Εφιάλτης θα φανεί στο τέλος,
κ' οι Μήδοι επι τέλους θα διαβούνε.

 

http://www.youtube.com/watch?v=NjV0dpefJH4&feature=related