Manifesto del

 

VIAGGIO ALLE ORIGINI DEL LOGOS (2014) 

© Adriano Ceschia 

 


 

rivivere frammenti di quel passato antico

nell’emozione del contatto evocativo

sulla scia del mito consapevole

che enfatizza l’attimo eroico

e fondativo

di una civiltà che si ripercorre fino alle sue origini

in quell’aurora

dove tutto comincia

 

l’ellade è il mito dell’occidente

la culla del suo umanesimo

 

la coscienza della nostra civiltà sta

in questo percorso a ritroso

che si rinnova diverso

in ogni epoca diversa del nostro presente

il nostro viaggio

 

 

Il mito non è,

banalmente dicendo,

una favola inverosimile.

Il mito è rappresentazione

narrazione trasfigurante, metaforica, idealizzante, iperbolica ed enfatica

di attese umane profonde,

che si incarnano in paesaggi, eroi, imprese ed opere

soprattutto dei ed eroi

Ogni popolo e cultura ha avuto i suoi miti

ha i suoi miti

così i Greci

così l’Occidente.(1)

Solo che ...(2).

 

... I Greci trasfigurarono i loro miti nel parallelo viaggio del Logos,

della razionalità autocosciente,(3)

che non è solo ragione calcolatrice dei percorsi utili rispetto ai fini

è individuazione dei fini e dei loro principi (4)

della teoria esplicitata e giustificante

che conduce attraverso geometrica dimostrazione (5)

dai principi ai fini

che sono nell’armonia dell’uomo e del cosmo

nella prospettiva dell’umanesimo più avanzato

al limite dell’ybris (6)

secondo gli estremi di un canone che sta tra il ‘niente di troppo’ e ‘l’uomo è misura di tutte le cose’

passando per il ‘conosci te stesso’ (7)

per vincere il chaos dentro (8) e fuori l’uomo

fare della contraddizione spazio di armonia matematica e bellezza

dimora degli dei e degli uomini

nei templi e nelle poleis (9)

sperimentandola nei teatri tragici (10)

alimentata e depositata nel cosmo delle poleis

per fare tradizione di cultura (11)

incessante dialogo politico di individui responsabili del loro dire e del loro agire

ma che nulla sono fuori dalla polis:

 

dimostra

che un altro uomo possa concordare con te

o contraddirti

lì dove la tua teoria difetta” (12)

 

Il Viaggio coglie nei luoghi della manifestazione del mito

la rappresentazione figurativa

i segni dell’atto religioso

e politico

in cui l’uomo si rapporta col dio

o si divinizza (13)

conoscendo se stesso e registrando coscientemente

ogni progresso della conoscenza di sé

nell’arte

che è forma generata dall’uomo

nella pietra, nel metallo, nella luce dei colori, nel suono e nella parola

 

Il Viaggio rinnova l’emozione dell’uomo che costruisce il suo luogo di armonia

di bellezza

lo spazio del Logos

 

Rivivere il passato

con la coscienza del presente

 

La Grecia del Logos cristiano

del Pantocratore e dei Santi martiri della fede ortodossa (14)

la Grecia dell’epos moderno

della lotta per l’unificazione e la libertà (15)

dell’esodo biblico dalla Ionia culla del Logos (16)

delle Resistenze del secolo breve (17)

è viva

si vede si legge si ascolta

ha le radici dell’antica Ellade (18)

nelle icone

nei sacri canti dell’Athos (19)

nel canto epico e popolare del mito nazionale odierno di Theodorakis (20)

echi d’oriente nel triste e dissacrante rebetiko (21)

e ancora radici antiche

nei versi luminosi di Seferis e di Elytis (22)

 

© Adriano Ceschia 2014

 

le note del manifesto

 

(01)Il mito per eccellenza dell’Occidente è stato ed è ancora l’Ellade, la Grecia, luogo della civiltà nascente, della bellezza come armonia cercata e perseguita dagli uomini, dono divino e umano insieme, alimento della letteratura di ogni tempo e della rappresentazione plastica e pittorica.

(02) Per esempio, nel mito di Eracle, Eracle è l’eroe benefico, figlio di Zeus e di donna, che abbatte i mostri che minacciano lo spazio dell’uomo (le sue dodici fatiche), l’avanzare della sua civiltà; e la Bibbia racconta di Mosè che porta il suo popolo verso la salvezza superando gli ostacoli del lungo cammino. Dunque, “i miti si assomigliano”, dice Levi-Strauss. I miti greci però conducono agli dei olimpici della generazione di Zeus, del Logos, che è armonia, bellezza e giustizia, che ha vinto e superato la generazione degli dei titanici del regno di Chronos, espressione delle forze dinamiche della natura, che hanno vinto e superato ancora prima la generazione degli dei del regno di Ouranos, espressione delle forze informi e statiche della natura (Montagne, Oceano, Terra e Cielo ... i Giganti ...). I miti greci portano all’uomo, verso l’uomo, chè i dodici dei olimpici (Zeus, Demetra, Estia, Hera, Poseidone, Ade, Apollo, Artemide, Ermes, Ares, Dionisos, Efestos) sono quanto di più umano si possa immaginare nella potenza del desiderio. L’umano che c’è negli dei li avvicina agli uomini, il divino che c’è degli uomini avvicina questi agli dei. Qui sta l’umanesimo. In questo incontro sta l’Ellade.

(03) Nel mondo ellenico nasce la Filosofia, pratica di saggezza e sapere, che, a differenza della religione, pratica di saggezza e sapere collettivi e indimostrati, indiscutibili e immodificabili, offre il suo sapere come frutto della ricerca razionale, condotta dal singolo individuo, accompagnata dalla dimostrazione argomentata, inserita in una tradizione di cultura in evoluzione, perché altri la riprenda, la verifichi e la critichi, la modifichi e la riproponga.

(04) Sussiste una ragionecalcolatrice, che non si interroga sui fini ma solo sui mezzi per raggiungerli, ed una ragionecritica e fondante, che giustifica i fini e i mezzi per raggiungerli, rispetto ai principi che sceglie e li inserisce in un cosmo di armonia e compatibilità. E’ la ragione della filosofia ellenica.

(05) La ragione critica e fondante istituisce un percorso giustificativo, di passi logicamente connessi ed argomentati, che connette i principi ed i fini: la teoria. La teoria, che nella scienza matematico-geometrica degli Elementi di Euclide, trova la sua espressione paradigmatica: assiomatica, dimostrazione, consistenza logica.

(06) Il genio greco è consapevole che nella natura e nell’uomo sussistono operanti le forze del Chaos, ma c’è anche un principio di ordine e armonia che le contrasta, il Logos degli dei olimpici, l’archè matematico, l’archè che unifica le contraddizioni, che si oppone all’annientamento, che rassicura nella bellezza. L’uomo cerca e scopre il Logos, lo asseconda con la sua arte e lo rappresenta, nella politica, nel culto, in ogni azione. Asseconda l’opera degli dei olimpici, sposta il limite del suo spazio umano fino a confinare con lo spazio degli dei, a volte, a sovrapporlo. Questo è umanesimo, cioè determinazione a costruire lo spazio dell’uomo, coi mezzi dell’uomo, la sua ragione ed il suo pathos. Questo operare, se diventa un osare estremo, superbia, disprezzo del limite, è colpa, ybris, che gli dei puniscono, che si ritorce contro.

(07) La costruzione dello spazio umano nella prospettiva di un umanesimo il più possibile avanzato e compiuto si colloca tra la regola di sapienza scritta su un frontone del Tempio di Apollo a Delfi, NIENTE DI TROPPO/MĒDÉN ÁGAN, e la regola della ybris sofistica di Protagora per il quale L’UOMO E’ MISURA DI TUTTE LE COSE, e non ha altri limiti che se stesso. Quello che conta, è che conosca se stesso: CONOSCI TE STESSO/GNŌTHI SEAUTÓN, è scritto sull’altro frontone del Tempio di Apollo a Delfi. L’infinito chaos è anche dentro l’uomo: per le ambizioni che nutre, per l’opera umanistica che intende realizzare, lo deve penetrare, conoscere per quanto può e confinare.

(08) L’infinito chaos che sta dentro l’uomo è la sua straordinaria energia vitale, la gioia, la passione e la voglia di vivere (ÉROS), ma anche la violenza cieca e distruttiva che a volte lo cattura (THÁNATOS) e lo spingono anche contro ogni ostacolo che lo limita, o contro i vincoli o le regole famigliari e sociali che lo guidano o lo frenano, la parte che i Greci attribuiscono al dominio di Dionisos (il Dionisiaco), nelle cui feste orgiastiche si annullano le differenze sociali e di sesso, e nella furia sacra ci si ama gioiosamente e si sbranano le vittime con la furia delle Menadi, le sue adepte.

(09) E’ il dominio di Apollo (l’Apollineo), il dio delle forme, ciò che ha le forme del finito, geometriche, proporzionate e perfette, armoniosamente ordinate, che accolgono e riflettono la luce. E’ quell’ordine che l’uomo riproduce per fondare il suo dominio, contenendo l’inquietante infinito e il chaos dell’illimitata passione. Così in quel mondo solare e ordinato possono abitare gli dei olimpici, come in quello che dispone l’uomo, analogo per armonia e bellezza, fin sotto l’acropoli, a volte dentro l’acropoli, nell’agorà, nella polis ben governata, abiterà l’uomo dell’umanesimo.

(10) Il genio ellenico ha scoperto che, se riproduce come attuali, con i gesti e con le parole, le scene della sua inquietudine, delle sue passioni e dei suoi enigmi, la morte, il delitto, la sofferenza, i fallimenti in un luogo circoscritto, il teatro, in presenza dall’intera polis che assiste, fino all’epilogo, e istituisce un choros, che dall’orchestra del teatro interroga gli attori, prendendo in prestito la voce di tutti che assistono, quei mostri pericolosi dall’oscura dimensione del chaos possono essere confinati, messi sotto controllo, con la partecipazione di tutti. Nei teatri dell’Ellade il popolo della polis si educa a controllare la dimensione oscura di sé, quella che si evoca dall’altare di Dionisos, collocato al centro di ogni teatro, che minaccia le regole del sociale e della famiglia, che abbatte gli argini, per confinarla, con una terapia collettiva, all’insegna del Logos apollineo.

(11) Ogni conquista del Logos apollineo, ogni rappresentazione figurata di artista, ogni verso di poeta od opera di tragico, ogni pensiero di filosofo, liberi nella loro responsabilità individuale, sono offerti alla polis e all’intera comunità ellenica perché diventino cultura e tradizione della propria civiltà in cammino. L’individuale libertà ha senso solo se le opere che produce diventano la cultura di tutti, e si dilata lo spazio dell’uomo. Ogni opera individuale del genio ellenico ha una dimensione ‘politica’, perché la polis è il suo destinatario, la sua coscienza collettiva.

(12) Il Logos apollineo è l’ordine costituito nelle belle forme; ma ciò che gli dei intuiscono con immediatezza gli uomini lo devono dimostrare. L’ordine geometrico dello spazio che l’uomo vuole conquistare, le forme che lo costituiscono nelle proporzioni che lo costituiscono, sono matematicamente connesse; la connessione è un percorso che il Logos dimostrativo vuole individuare e scoprire, nella teoria dei passi del pensiero che non ammette contraddizione. Il genio greco ha fondato le Matematiche (geometria, aritmetica, algebra, logica), come discipline dimostrative e non di mero calcolo, come Teoria, che sono un aspetto, il più astratto e formalizzato dell’argomentazione. Altri popoli ed altre culture hanno inventato il calcolo, solo i Greci le Matematiche. La teoria è la processione logica ed elementare del pensiero che unisce, per esempio, la relazione fra i cateti e l’ipotenusa del triangolo rettangolo con gli elementari postulati da cui discende ogni altro sapere geometrico. Se il cosmos apollineo è matematico, matematico deve essere anche quello dell’uomo: la sua conquista è il processo dimostrativo. La dimostrazione è accessibile alla ragione di tutti, dello schiavo Menone come di Socrate. Tutti possono controllare il ragionamento. E’ apollinea la contemplazione del Logos matematico delle forme, sono sotto l’insegna di un altro dio il bisogno e la passione tutta greca di dimostrare e di argomentare a giustificazione di quelle forme. Se Ermes è “ ... il Lógos, che gli dèi inviarono a noi dal cielo, facendo della razionalità una prerogativa esclusiva degli uomini, tra le creature che vivono sulla terra, il che essi ritennero di gran lunga eminente su tutto il resto ... (Lucio Anneo Cornuto. Compendio di Teologia greca. XVI)”, per cui anche Socrate dice che: «Ermes è dio interprete, messaggero, ladro, ingannatore nei discorsi e pratico degli affari, in quanto esperto nell'uso della parola; suo figlio è il logos» (Platone, Cratilo, 407e-408d.), allora l’ Ermico è forse la dimensione da aggiungere e da collocare tra il Dionisiaco e l’Apollineo, quella dell’uomo raziocinante, che i Greci elessero a loro paradigma, fossero matematici o filosofi, politici o artisti delle forme. Friederich Nietzsche collocò il genio ellenico nella sua massima espressione nel perfetto equilibrio tra i due poli del Dionisiaco e dell’Apollineo, cioè tra l’apeiron caotico e travolgente, dal quale tutto si genera ed al quale tutto ritorna nell’incessante distruzione di ciò che nasce e il cosmo della bellezza armoniosa, che offre l’illusione della salvezza. L’uomo è teso tra questi due poli, ed è il Logos dialettico e apodittico-dimostrativo che gli scopre il sentiero che lo porta alla salvezza dell’Apollineo, nella fulgida bellezza delle forme. E’ tale per i Greci il fascino del Logos che esso stesso diventa una dimensione, un polo di attrazione. L’Ermico, lo chiamiamo. L’umanesimo è la conquista umana di questa dimensione.

(13) Nelle acropoli dell’Ellade o nei siti sacri dove il Dio si manifesta, i Greci concentrarono e proiettarono tutte le loro aspettative, quelle esistenziali e personali e quelle collettive politiche. I segni là rimasti (templi, tesori, immagini plastiche nel bronzo e nel marmo, parole scolpite, ...) ce lo dicono ancora, come le loro opere in parole. In questi luoghi i Greci evocarono per secoli gli dei offrendo loro le dimore dei templi e i corpi degli agalmata, che avevano le forme dell’uomo, per avvicinarli all’uomo, alla sua polis. Quanto più cresceva il desiderio di conquistare la benevolenza degli dei per la propria polis, nel contatto con essi, tanto più si rendevano quelle forme naturali e realistiche: per avvicinare gli dei si riproduceva l’uomo dalla forma perfetta che doveva incarnarli nell’agalma, in un crescendo di conoscenza di sé. Per avvicinare il dio, esso lo si catturava nell’uomo, e l’uomo si divinizzava, fino al punto, ad un certo punto, che l’uomo divenne agalma di se stesso: dallo xoanon di Atena, ai kouroi ed agli eroi dell’arte arcaica, all’ Apollo di Olimpia dell’arte severa, alle epifanie divine ed alle processioni festanti delle panatenee fidiache dell’arte classica naturalistica, dal classicismo dell’ Ermes di Prassitele e del Doriforo di Policleto, alle immagini passionali melanconiche o tormentate del realismo umanizzante ormai ellenistico di Skopas e Lisippo.

(14) Il Cristo trionfante Logos dell’universo (Pantocratore), le teorie dei Santi martirizzati sono presenze iconografiche costanti nelle chiese ortodosse.

(15) La lotta per l’indipendenza e l’enosisdella Grecia contro l’Impero ottomano partì nel 1821 e andò avanti fino alla prima guerra mondiale compresa.

(16) Dopo la prima guerra mondiale e la sfortunata spedizione in Anatolia, 1.300.000 Greci ortodossi della Ionia lì insediati da tremila anni dovettero lasciare quella terra ai Turchi, e trecentomila Turchi mussulmani lasciarono la Grecia.

(17) Le due Resistenze del ‘900 definito da Eric Hobsbawn ‘secolo breve: la Resistenza contro l’invasione italiana e tedesca del 1939-40-43 e la Resistenza contro la dittatura dei colonnelli, 1967-74

(18) Il mito e la memoria delle Grecia antica ha alimentato la lotta nazionale ed alimenta ancora l’anima greca moderna nelle sue lotte e nel suo canto in parole e in musica.

(19) Il canto solenne ortodosso rinnova melodie e armonie antichissime, forse echi e frammenti di Ellade antica.

(20) Mikis Theodorakis è l’icona musicale della Grecia odierna, che ha saputo fondere la passione civica e politica con il mito ellenico in moduli musicali di immediata sensibilità popolare; altri autori, come lui, cantano l’anima greca che vive la storia di oggi immersa nella cornice del suo mito antico

.(21) I Greci esodati della Ionia hanno portato con sé la singolare musica del disincanto, della protesta sarcastica degli emarginati, il blues ellenico dagli echi orientali, il rebetiko.

(22) Giorgios Seferis (Nobel 1963) e Odysseas Elytis (Nobel 1979).

 

© Adriano Ceschia, 2014